Giappone: dal Papa un messaggio di pace in una terra di martiri

Giappone: dal Papa un messaggio di pace in una terra di martiri

Nagasaki è comunque molto più di una semplice città-simbolo della guerra nucleare. Fino a quel funesto 8 agosto 1945, essa ospitava la più numerosa comunità cattolica e il più importante santuario di tutto il Giappone. Questa presenza così rilevante era il frutto del sangue dei martiri, i Santi Paolo Miki e compagni, che nel 1597 diedero la vita per Gesù Cristo in terra nipponica. Bergoglio è stato il secondo papa (dopo San Giovanni Paolo II nel 1981) a visitare il monumento dei martiri di Nagasaki a Nishizaka Hill. “Vengo a questo monumento dedicato ai martiri per incontrarmi con questi uomini e donne santi – ha detto – e voglio farlo con la piccolezza di quel giovane gesuita che veniva “dai confini della terra” e trovò una profonda fonte di ispirazione e di rinnovamento nella storia dei primi martiri giapponesi. Non dimentichiamo l’amore del loro sacrificio! Che non resti una gloriosa reliquia di gesta passate, ben conservata e onorata in un museo, ma sia memoria e fuoco vivo dell’anima di ogni apostolato in questa terra, capace di rinnovare e far ardere continuamente lo zelo evangelizzatore”.

Storicamente l’evangelizzazione ha trovato uno dei suoi scogli più grandi proprio in Giappone. Sin dalle prime missioni, nel XVI secolo, i missionari trovarono un impero già avanzato, piuttosto strutturato e caratterizzato da una fiera e radicatissima cultura militare. Questi fattori hanno tenuto ai margini della società nipponica il cristianesimo, che oggi incontra un notevole ostacolo nell’edonismo di massa e nel culto della produttività a tutti i costi, molto diffusi nel Sol Levante e responsabili di un elevato livello di alienazione e anche di suicidi, specie tra i giovani. In questo contesto così ostile e nichilista, negli ultimi anni si sono fatti strada nuovi soggetti evangelizzatori che fanno leva sul kerygma, ovvero sull’annuncio primario del Vangelo. Primo su tutti: il Cammino Neocatecumenale.

Nei martirii, nelle aggressioni e nelle sciagure, l’evangelizzazione in Giappone non si ferma. Un segno sovrannaturale di questa resistenza al male in tutte le sue forme è la “reliquia” mariana rinvenuta nella cattedrale di Urakami, spazzata completamente via dalla seconda bomba atomica. L’unico oggetto ritrovato parzialmente intatto tra le macerie fu la testa di una statua della Madonna. Pur notevolmente danneggiato, il frammento fu custodito per trent’anni presso il monastero trappista di Hakodate, nel nord del Giappone. Nel 1990 l’oggetto religioso fu restituito a Nagasaki ed esposto nel Museo della bomba atomica, infine, nel 2005, nel sessantennale dell’aggressione nucleare, la reliquia mariana trovò la sua collocazione definitiva all’interno della ricostruita cattedrale, presso una cappella consacrata quello stesso anno come “luogo di preghiera per la pace universale”. Da allora è stata più volte portata in giro per il mondo, come simbolo di amore universale e di opposizione a tutte le guerre. Anche nelle disgrazie più devastanti, dove le conseguenze dell’odio degli uomini si toccano con mano, il Cuore Immacolato di Maria riesce a trionfare.