Cyberbullismo: gli adulti diano il buon esempio

Cyberbullismo: gli adulti diano il buon esempio

Quante volte, ci sarà capitato – da studenti o anche da genitori – di vedere insegnanti che nicchiavano, minimizzavano o soffrivano impotenti dinnanzi a un alunno deriso e umiliato? O, peggio ancora, aver sentito quell’insegnante limitarsi a dire al bullizzato: “Però, anche tu impara a difenderti…”, dopo aver redarguito in modo assai fiacco l’aggressore? Verrebbe quasi da pensare, maliziosamente, che sia la scuola stessa a tollerare, in modo implicito, forse ad addirittura ad auspicare, un bullismo diffuso, così coerente con l’antropologia odierna della competizione a tutti i costi, che ha contagiato anche il sistema educativo. Del resto, se la società è regolata principalmente dal mercato, dal profitto e dall’efficienza e la scuola è costretta ad adeguarsi a questo modello, gli educatori non finiranno, giocoforza, per favorire gli allievi dal temperamento per natura più forte ed abbandonare al loro destino i più mansueti e fragili? In tal maniera, oltretutto, l’insegnante si risparmierebbe la notevole fatica di tenere a bada gli scalmanati e di sforzarsi nell’aiutare chi ha qualche problema in più di apprendimento o di socializzazione.

Va anche aggiunto che la responsabilità degli adulti non è soltanto nell’educazione attiva e formale. Non si può, infatti, prescindere dal buon esempio e dalla testimonianza della propria vita. Ciò vale, in modo particolare, per i genitori: i comportamenti ‘da bullo’, per certi versi, non si limitano esclusivamente all’infanzia o all’adolescenza. Se l’atteggiamento aggressivo non viene corretto, continuerà a manifestarsi, in forme diverse e più sofisticate, anche durante l’età matura. Il bullo adolescente di oggi, diventerà domani lo stalker con le donne o il fautore del mobbing sul lavoro. Se il bullismo non viene stroncato, i bulli di oggi diventeranno la classe dirigente, i politici, gli imprenditori, gli sportivi e forse addirittura gli uomini di cultura di domani. Possiamo immaginarci con quali conseguenze…

Venendo al cyberbullismo in senso più stretto, la responsabilità degli adulti è doppia, in quanto il loro comportamento può assumere una valenza pedagogica agli occhi dei figli. Di fronte a un padre superficiale o a una madre vanesia, che, davanti ai loro amici reali e virtuali, ostentano carrellate di mondanità, vacanze esotiche, pose balneari o palestrate e sequenze compulsive di selfie in quantità industriale, quale esempio potranno trarne i più piccoli? La vanità, ovviamente, non è da identificarsi tout court con il bullismo ma è innegabile che la sovraesposizione della propria immagine, può indurre comportamenti competitivi, aggressivi e livorosi. Le relazioni virtuali, del resto, anche tra utenti adulti e maturi, spesso persino tra padri e madri di famiglia e tra persone avanti negli anni, non si può dire che siano sempre all’insegna della civiltà, della cortesia e del rispetto dell’opinione altrui. Al contrario, è molto frequente, assistere sulle bacheche dei social, a vere e proprie ‘scazzottate virtuali’, con insulti molto pesanti, che richiamano l’aggressività adolescenziale all’interno delle mura scolastiche. Senza però alcun insegnante pronto a dividere i litiganti. Il mondo social, del resto, è così: chi non è con me, è contro di me. È molto raro, trovare qualcuno che faccia da paciere, che provi lucidamente a valutare le ragioni degli uni e quelle degli altri, mentre chi non sa come schierarsi, tace per quieto vivere. Se i primi a fare i ‘bulli’ sono gli adulti, cosa ci potremo aspettare dai ragazzi? Attenti a come ci comportiamo e cosa scriviamo in rete: i bambini ci guardano…