Cyberbullismo: gli adulti diano il buon esempio

Cyberbullismo: gli adulti diano il buon esempio

È da accogliere con assoluto favore l’istituzione dell’International Cyberbullying Observatory, organo con sede in #Vaticano, che la prossima primavera terrà il suo primo congresso mondiale. È decisamente confortante il fatto che la Chiesa si ponga tra i soggetti all’avanguardia nel contrasto a uno delle sciagure sociali più sottovalutate di questo secolo. Se è vero che lo scopo principale della Chiesa è la salvezza delle anime, è anche vero che tale salvezza passa per la sua funzione sociale e per la sua natura ‘incarnata’ e attenta alle emergenze del proprio tempo. In più occasioni, del resto, lo stesso papa Francesco ha stigmatizzato la piaga del bullismo, sollecitando la creazione di un osservatorio ad hoc, inaugurato nei giorni scorsi grazie al sodalizio tra la Fondazione Scholas e la Fondazione Carolina, intitolata alla memoria di un’adolescente morta suicida nel 2013, prima vittima conclamata del cyberbullismo.

Bullismo e cyberbullismo sono due delle punte del gigantesco iceberg dell’emergenza educativa. Se da un lato, l’aggressività adolescenziale e preadolescenziale è un fenomeno sempre esistito, dall’altro lato, negli ultimi 20-30 anni, tale fenomeno, è cresciuto esponenzialmente, fino a diventare incontrollabile. Non stiamo più parlando, ormai, di un comportamento deviante, che però, in fin dei conti, danneggia soltanto alcuni soggetti, ma di una vera e propria patologia antropologica, in grado di condizionare in modo irreversibile il futuro della società. L’ormai proverbiale permissivismo che caratterizza il nostro sistema educativo – tanto sul versante scolastico che su quello familiare – ha eretto suo malgrado il bullismo a dinamica strutturale, pressoché ineliminabile ma solamente contenibile. In altre parole, sembrano davvero latitare gli insegnanti e i genitori davvero motivati a contrastare il bullismo, né le ‘ricette’ suggerite da psicologi e altri esperti sembrano aver sortito grande efficacia.

In quest’ottica, il cyberbullismo non è altro che un’amplificazione del fenomeno, per le conseguenze psicologiche ancor più devastanti che può portare nelle vittime. Mentre nel bullismo ‘reale’, i bambini e i ragazzi che ne sono oggetto, al di fuori del contesto scolastico, sono al sicuro e possono lasciar decantare le conseguenze delle aggressioni subite, nel bullismo virtuale, la violenza penetra in modo più sottile e invadente nella loro intimità, rendendo ogni ora della loro giornata un incubo a occhi aperti. C’è poi un altro dato da non sottovalutare: intorno ai social, gli adolescenti di oggi, articolano gran parte della loro crescita personale e intellettiva e della loro socializzazione, pertanto il loro percorso di vita non potrà prescindere dal mondo virtuale, con tutti i risvolti positivi o negativi che ne possono derivare. Senza contare che l’aggressività verbale – propria, in questo caso, dei social – può ferire in modo anche più profondo della violenza fisica.

È davvero paradossale che, negli ultimi 30-40 anni, la scuola abbia così tanto insistito sui valori dell’eguaglianza, del rispetto e della non discriminazione e oggi si ritrovi stritolata in un meccanismo selvaggiamente darwiniano, in cui i più forti schiacciano e demoralizzano i più deboli, senza che gli educatori si mostrino in grado di intervenire in modo efficace.